È strano come a volte sia necessario rimanere passivi di fronte a ciò che accade. Non fare niente non per paura di qualcosa ma proprio per poter ricominciare a fare tutto.
Ci è voluto un po’ per raggiungere la consapevolezza che quello che un paio di mesi fa era considerato “cazzeggio”, ora non lo è più. Le circostanze richiedono di fare il meno possibile per sconfiggere il virus, ed è quello che stiamo facendo stando a casa.
Sconfiggiamo il virus leggendo un libro, aprendo Netflix, ascoltando la musica, guardando il soffitto e condividendo un post.
Questo atteso venti-venti non è iniziato nel migliore dei modi, ma fatico a pensare che possa finire peggio di così. In questi primi mesi si è passati da un continente all’altro a condividere disgrazie, uniti dai sensi di colpa e dalla consapevolezza di poter fare di più, o in questo caso, di meno.
L’odio che inizialmente provavamo per un presunto colpevole, piano piano si è trasformato in comprensione e clemenza, fino ad arrivare alla riconoscenza e anche a qualche scusa; ma questi siamo noi, è importante trovare prima il colpevole e poi la soluzione, accecati dalla presunzione di non sentirci parte del problema finché non lo tocchiamo con mano.
Abbiamo sottovalutato la situazione e io l’ho fatto per primo.
In questo momento faccio fatica a comprendere cosa tu stia provando, ma io mi sento letteralmente un “fuoriclasse”, nel vero senso della parola.
Mi sento fuori dalla classe in cui già ero abituato a stare, e in cui stavo molto bene: sto parlando del corso Fitstic.
Il nostro settore è perfettamente in grado di gestire questa distanza temporanea, abbiamo accertato che le lezioni online fossero la soluzione migliore per far fronte al virus, e credo che tutto questo sia una prova del nove per noi studenti di comunicazione digitale.
Non lo è affatto, ma non abbiamo tempo e voglia di lamentarci.
Le lezioni perse ammontano a tre settimane di lavoro, e fare un paio di pomeriggi in più o lavorare nel weekend è il male minore.
Siamo qui per questo, imparare ed esercitarsi, a casa o in classe non fa differenza.
La competenza dei nostri professori ci aiuta a non perdere la connessione che giorno dopo giorno stavamo creando in classe. Questo non è il tipico rapporto insegnante – alunno perché loro non sono insegnanti e noi non siamo alunni: ci sono professionisti affermati e altri in via di sviluppo, come piace definirmi.
Ed è proprio perché non mi ritengo ancora un professionista, che sono qui, di domenica pomeriggio a scrivere questo articolo.
Non posso concedermi il lusso di non imparare niente in queste giornate grigie, ho bisogno di imparare, ma più di tutto di sbagliare, per trovare la mia strada.
Questo virus ci sta mettendo in ginocchio, ma sono sicuro che a conti fatti, tutti questi sacrifici non saranno vani.
Ci stiamo mettendo alla prova per un bene molto più grande di noi, ed è proprio facendo del bene e comportandoci in egual modo che supereremo questa prova, perché indipendentemente da chi siamo o da cosa facciamo, fare del bene è l’unico mestiere che ci rende degni di essere qui, e io voglio stare qui.