Il FYRE Festival, una festa che promette di essere “trasformativa ai limiti dell’impossibile”, un sogno che incanta centinaia di ricchi americani pronti a lanciarvisi dentro. E una comunità social che ha deciso di rilasciare notizie scottanti, tra festini alle Bahamas con modelle e tramezzini del discount. Ma cos’è successo al flop-festival che è entrato nel mito? Analizziamo i fatti e quello che ci interessa veramente: quanto sono stati fondamentali i social per la sua ascesa e il disastroso declino?
Sì, okay, ma cos’è successo al FYRE FESTIVAL? (in breve)
È il 2016 quando su Instagram appare un festival musicale proposto come “imperdibile”. Appare in simultanea una video-pubblicità accattivante sui profili social delle personalità più seguite del momento: Bella Hadid, Emily Ratajkowski e persino Kendall Jenner. Donne bellissime che promettono un evento musicale spettacolare e lussuoso: il FYRE festival. Per non parlare degli artisti musicali che vengono inseriti: si parla persino di Tyga, per citarne uno. I biglietti costano una fortuna, dai giornalieri 1500 ai 12.000 dollari totali per poter affittare uno yatch, strutture alberghiere lussuose, pasti cucinati da chef stellati e una location paradisiaca alle Bahamas. Insomma: chi non ci andrebbe? Chi non sfrutterebbe una parte dei propri risparmi per un’esperienza così unica, della durata di ben due settimane? In America scoppia la FYRE-mania: l’evento riesce a racimolare un bel gruzzolo dai fondi accumulati e dalla vendita dei biglietti, soprattutto da chi insegue il sogno dell’Influencer e dell’apparenza “instagrammabile”. La gente vuole partecipare al FYRE festival, vuole dire io c’ero, voi non avete idea di quello che ho fatto o visto. Sono parte dell’élite che c’è stata. Un sogno. Un sogno troppo bello per essere vero. L’evento verrà chiuso dopo una settimana, giustificato dal fatto che l’organizzazione sia stata ostacolata per eventi “fuori dal loro controllo”. Creditori e clienti insorgono, la burla diventa virale già durante il festival, quando iniziano a circolare foto e notizie dell’evento. Lo scandalo scoppia quando trapela che le grandi strutture di lusso siano semplici tende e il cibo gourmet scadenti tramezzini del discount. È in quel momento che entra in gioco Twitter, social di punta per la polemica e le notizie più controverse.
Twitter distrugge il #FYREfestival
Vengono creati veri e propri profili-burla per tenere aggiornati gli utenti sul proseguimento del festival e l’hashtag #fyrefestival diventa di tendenza per giornate intere, con continui tweet in merito. Pasti scadenti, ospiti paganti in rivolta e mancanza di intrattenimento sono solo l apunta dell’Iceberg. Si scopre anche che l’unico cantante presente sia Ja Rule, socio del creatore dell’evento Billy McFarland e che gli altri abbiano declinato per mancanza di fondi da parte dell’organizzazione dell’evento. L’ennesimo, sconvolgente fiasco del festival.
Perché “truffa social”? Com’è stata la campagna marketing di FYRE Festival?
Per quanto l’evento sia stato un fiasco, non si può dire lo stesso della strategia marketing, che ha puntato tutto sulla visibilità social e alimentato le aspettative, prendendo i possibili clienti dritti nel loro punto debole: l’unicità dell’evento. È il 2017, la figura dell’influencer è al suo massimo splendore e tutti sognano di far parte di quell’Olimpo fatto di feste esclusive e irraggiungibili ai comuni mortali. Chi, in quel periodo, non si sarebbe voluto svegliare ed essere nella vita di Kendall Jenner, ad esempio, circondati da una vita a tutti gli effetti come quella di una VIP? Proviamo ad analizzare il tutto in modo oggettivo:
- Il primo punto è stato creare un bel logo e una bella presentazione, mostrando le opportunità del festival e come si potesse distinguere rispetto agli altri. Il video di presentazione stuzzica la curiosità e proietta un mondo al limite del paradisiaco, vantando che l’isola fosse appartenuta al Re della droga Pablo Escobar.
- Il secondo è stato quello che mi piace chiamare “la cecchinata”: puntare i personaggi più in voga del momento (in base a popolarità, bellezza e visibilità social), mirare e capire come il colpo potrebbe o meno centrare il pubblico e quanto in profondità. I volti più invidiati e amati d’America sono stati protagonisti e promulgatori dell’evento, venendo inseriti in fotografie e vari video.
- La rampa di lancio: si ricollega al punto precedente. Dopo l’analisi, è stata fatta una mossa furba: i volti che hanno fatto la comparsa nella campagna pubblicitaria l’hanno anche diffuso. I video sono stati pubblicati in simultanea, a pochissima (se non nessuna) distanza l’uno dall’altro in tutti i profili Instagram di modelle, micro e macro influencers coinvolti nella campagna. Il pubblico che riceve le informazioni è immenso.
- Un’altra genialata è stato mostrare apertamente che gli stessi volti di divulgazione sarebbero stati presenti al festival, insinuando che chiunque avrebbe potuto passare del tempo con loro e persino ballarci fianco a fianco.
- L’ultimo, ma non meno importante, è stata la caccia ai fondi: gli investitori. Si parla di milioni di dollari di investimento da alcuni dei nomi tra i più ricchi d’America
Insomma, una strategia di tutto rispetto, visto che ha racimolato una somma da capogiro bruciata in men che non si dica. Sono riusciti, in un modo strategico e del tutto incredibile, a vendere un sogno e delle opportunità: quella di conoscere persone famose e di poter persino creare un legame con loro. Di muovere il primo passo su un gradino, quello che avrebbe permesso ai partecipanti di elevarsi rispetto alla normalità da cui chiunque di loro sarebbe potuto provenire.
Cosa ha distrutto il Festival? Era davvero tutto così irrecuperabile?
Bugie, un lussuoso ufficio a Tribeca e il menefreghismo degli organizzatori hanno permesso che un’idea brillante arrivasse a spegnersi. Niente è stato organizzato con un senso logico o pratico. Festini e vere e proprie vacanze alle Bahamas (con presenza di soli uomini tra gli organizzatori e modelle pagate per accompagnarli) hanno prosciugato i fondi accumulati. Aggiungiamo anche l’attico-ufficio a Tribeca, lussuoso quartiere di New York, affittato più per fare facciata che per lavorarci veramente. La misoginia e i festini “particolari” hanno regnato per tutta l’organizzazione del festival, a detta di ex dipendenti, per non parlare dello spreco di denaro per frivolezze e campagne pubblicitarie inutili dopo il boom del FYRE. Si era arrivati non solo al mancato pagamento dei fornitori, ma anche alla necessità di far pagare le spese direttamente dalle tasche dei dipendenti, che in buona parte se la sono poi data a gambe. Per non parlare del post-festival, quando Billy ha proposto di non rimborsare direttamente i clienti del costo dei biglietti, ma di offrire loro un ingresso omaggio per la seconda edizione, in programma per l’anno successivo. Sì, avete capito bene: Billy progettava già una seconda edizione, ovviamente mai avvenuta. In sostanza: Icaro Billy McFarland ha volato davvero troppo vicino al sole, precipitando in tribunale con l’accusa di frode informatica e molti dollari di risarcimento danni. Solo nel 2022 sembra rifarsi con un documentario Netflix dall’accattivante titolo “Fyre: la più grande festa mai avvenuta”
Quello che ci interessa: ma i social?
L’account Instagram è privato, ma inviando la richiesta verrete ancora oggi accettati (dopo un paio di settimane di attesa, ma ne vale la pena). I post sono molto curati e di alta qualità, parlando di risoluzione e di creatività. Si utilizza l’effetto “griglia”, in cui una sola foto viene suddivisa in più parti, in modo che venga distribuita in più post diversi. In sostanza, diventa un’unica gigantografia sul profilo. Una cosa piuttosto inusuale per essere il 2017. Ritraggono modelle, attività in programma (come le famose moto d’acqua che non si sono mai viste, ma non aprirò l’argomento) o loghi del FYRE Festival. Le caption sembrano professionali, senza essere troppo istituzionali e non hanno la presenza di Hashtag, in quel periodo molto in voga. L’unico personaggio seguito al momento è https://www.instagram.com/orenjous/, menzionato in bio con la presentazione “the original designer & social media strategist of Fyre Festival”. Uno dei tanti visionari invischiati nell’evento, per farla breve.
In conclusione, cosa possiamo imparare noi futuri professionisti da questo fiasco leggendario?
Possiamo imparare qualcosa, soprattutto dal punto di vista lavorativo, su più fronti:
- La loro strategia marketing social, le loro idee (sperando sempre di avere il loro budget. Difficile, ma alcuni di noi potrebbero farcela).
- Chiederci “Cosa hanno sbagliato? Cosa avrebbero potuto fare invece?”
- Sarebbe possibile applicare queste strategie e i miglioramenti, per me e/o per i miei clienti?
Dopo aver risposto a queste domande, diteci le vostre risposte e se l’articolo vi è stato utile (o se è stata almeno una lettura divertente)
Io Lavoro In Corso: ci presentiamo
Io Lavoro In Corso è il blog degli studenti del McLuhan, corso its formativo della fondazione FITSTIC a Bologna. In questo articolo Martina Marchesini ci parlerà dello scottante caso del Fyre Festival