Riceviamo ogni giorno una moltitudine di informazioni relative ai danni causati dall’uomo sull’ambiente e sul nostro pianeta. I livelli di inquinamento salgono, il numero di specie viventi diminuisce e gli sprechi aumentano. Ma esiste un modello teorico che possa invertire questa dannosa tendenza?
Sì, la Green Economy.
Si definisce così la teoria di sviluppo economico che punta sì alla crescita, ma legata alla valutazione dell’impatto che le azioni umane hanno sull’ambiente. Si prendono in considerazione i potenziali danni ambientali prodotti dall’intero ciclo di trasformazione delle materie prime a partire dalla loro estrazione, passando per il loro trasporto e trasformazione fino alla loro definitiva eliminazione o smaltimento.
La Green economy cerca quindi di innescare un meccanismo virtuoso, che permetta di gestire al meglio le risorse, ottimizzando la produzione e portando ad una crescita del PIL. L’ambiente viene visto come un fattore di crescita economica per l’umanità, perché l’impoverimento delle risorse e il consumo eccessivo delle materie prime comporta anche aumento dei prezzi e quindi un danno economico.
Incentivare questo modello permetterà anche la creazione di nuovi posti di lavoro, che spesso vengono indicati con il termine inglese “Green Jobs”. Ciò porta ad un miglioramento del mercato del lavoro in moltissimi ambiti come l’agricoltura, la produzione di energie rinnovabili, la bioarchitettura, il riciclo e tanti altri.
Il problema principale della Green economy è che richiede una trasformazione profonda della società, che spesso la comunità non è in grado ancora di mettere in atto o concepire.
In primo luogo il cambiamento deve avvenire all’interno delle aziende che, prendendosi carico della propria responsabilità sociale, puntino ad impegnarsi nell’utilizzo e nello sviluppo di strumenti e tecnologie che mirino a impattare il meno possibile sull’ambiente.
Per far sì che le aziende comprendessero ed adottassero questo sistema negli USA, ad esempio, sono stati creati degli enti che aiutano le imprese nella crescita economica sostenibile. Il Sustainability Accounting Standards Board è proprio un organo di questo tipo: favorisce la divulgazione di informazioni sulla sostenibilità delle aziende a favore degli investitori. Inoltre esistono molti studi i quali dimostrano che chi adotta queste politiche aziendali siano alla fine le imprese che rendono meglio sul mercato.
Partendo da ciò i maggiori cambiamenti avverranno principalmente in questi ambiti: il settore energetico, lo smaltimento dei rifiuti e il settore agroalimentare.
Per quanto riguarda il settore energetico la Green Economy propone un modello basato sull’utilizzo di energie rinnovabili che non hanno impatto sull’ecosistema ma sfruttano proprio gli elementi naturali (come il sole, l’acqua, il vento ed il calore geotermico) per la produzione di energia “pulita”.
Il fabbisogno di energia elettrica italiano del 2018 (dati ufficiali TERNA) è stato soddisfatto per l’86% da produzione nazionale e per la restante quota da importazioni nette dall’estero. La produzione nazionale lorda è stata coperta per il 65% circa dalla produzione termoelettrica, per il 17% dalla produzione idroelettrica che registra un significativo aumento rispetto al 2017 e per il restante 16% dalle fonti geotermica, eolica e fotovoltaica.
Nonostante sia in aumento l’utilizzo di energie rinnovabili, notiamo come la maggior parte dell’energia prodotta sia legata alle centrali termoelettriche le quali consumano combustibile fossile altamente inquinante. Gli obiettivi della Green Economy sono di rendere la produzione energetica autosufficiente per ogni Stato, quindi senza nessuna importazione di energia estera, ed eliminare qualunque fonte di energia inquinante.
Quasi tutti concordano sul fatto che il riciclaggio degli scarti costituisce un miglioramento di efficienza di produzione con risparmio netto di materie prime ed energia. Invece alcune perplessità sorgono sull’efficacia dell’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili. A parere di molti, infatti, queste non sono ancora mature per poter sostituire i combustibili fossili in termini di rapporto costo/efficienza e quindi ancora soggette ad ulteriore sviluppo di ricerca.
In particolare, il fallimento del mercato relativo alla protezione dell’ambiente è dato dagli elevati tassi d’interesse e dai notevoli costi d’investimento iniziali necessari per avviare la ricerca e proseguire con lo sviluppo delle “fonti energetiche verdi” e dei “prodotti verdi”. Tutti questi fattori scoraggiano l’entusiasmo imprenditoriale.
La partecipazione diretta dei cittadini sta diventando sempre più ricorrente nel contesto della transizione energetica verso le fonti rinnovabili. Lo dimostra la crescita in Europa di cooperative energetiche e di modelli partecipativi per lo sviluppo di investimenti in energia rinnovabile. L’uso del crowdfunding mette in pratica simili principi, nel contesto delle cooperative energetiche; queste piattaforme coinvolgono cittadini e stakeholder permettendo loro di partecipare, investire e beneficiare economicamente da investimenti nel settore energetico.
Un’altra grande sfida per la Green Economy riguarda lo spreco alimentare. Secondo stime delle Nazioni Unite la quantità di cibo buttato è pari al 17% di tutto il cibo prodotto, cioè 931 milioni.
Questo naturalmente contribuisce allo spreco di energia, oltre che delle risorse naturali ed economiche.
Il crowdfunding per aziende innovative e la presa di coscienza delle aziende tramite la responsabilità sociale sono alcune delle cose che si possono fare per avvicinarsi sempre più ad un’economia green. Dobbiamo continuare ad investire sulla formazione delle imprese le quali, grazie alla Green Economy, possono trarne profitto per loro e per il pianeta. Il sogno di un’economia che non faccia male alle persone e al mondo potrebbe presto diventare realtà.